Grazie a tutti per la partecipazione: alle autorità civili, religiose e militari, che oggi con noi commemorano la festività del 25 aprile, la Festa della Liberazione e il sacrificio dei caduti che hanno combattuto per la democrazia, ma soprattutto per la libertà dei loro figli.
Nella giornata del 25 aprile, 74 anni fa, i soldati Nazisti e Fascisti iniziavano la ritirata da Torino e Milano e nei giorni a seguire, la ritirata coinvolse tutta l’Italia.
Un’Italia che si liberava da una dittatura che aveva portato sofferenza e morte in tutto il Paese.
È questo in estrema sintesi il significato della Festa della Liberazione, proclamata tale con una legge del 1949.
Una Festa per ricordare la liberazione dalla dittatura fascista, che applicava una visione distorta del potere e che ambiva a governare la società attraverso la paura e l’odio: instillando paura e odio.
Per me questa è una ricorrenza simbolo non solo di una liberazione da una oppressione, ma (a distanza di 74 anni) anche una Festa della Libertà.
La libertà intesa come la possibilità di esprimere ciò che si è senza timori, senza leggi speciali razziste, senza leggi basate sull'etnia o sulla religione o sull'annullamento del pensiero, perché tutti, per i Fascisti, dovevano pensarla allo stesso modo e nessuno poteva essere libero di vivere la propria esistenza in libertà.È quindi assolutamente importante ricordare la storia che ha portato agli eventi del 25 aprile, per evitare il ripetersi di quei tragici episodi, che hanno portato alla dittatura.
Purtroppo, la mia sensazione è che oggi come allora si inizi ad aver nuovamente “Paura della Libertà”, ad avere paura e ad avere odio.
Allora come oggi una crisi finanziaria e sociale comprometteva l’Europa da decenni e questo si traduceva in scissioni, problemi, difficoltà, crudeltà ed egoismi: tutti elementi che ebbero la loro soluzione verso la catastrofe che tutti conosciamo, perché molti di noi l’hanno studiata a scuola.
Ma non basta averla studiata!
Allora come oggi si era alla ricerca di un capitano, di un capo, di un duce, di una figura che fosse più un militare dalla visione miope e non un politico lungimirante. E ciò ha portato alla dittatura e alle sue terribili conseguenze.
Carlo Levi il 2 novembre del 1944 (in una pagina de “La Nazione del Popolo”, Organo del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale) scriveva:
«La paura della libertà è il sentimento che ha generato il fascismo. Per chi ha l’animo di un servo, la sola pace, la sola felicità è nell’avere un padrone. Perché nulla è più faticoso e veramente spaventoso dell’esercizio della libertà».Ed è questa paura della libertà: una paura alimentata da chi ha prospettive di un Paese richiuso su sé stesso, che rivendica una supremazia nazionale, rispetto ad un mondo che tende ad essere sempre più interconnesso, che preferisce stare immobile piuttosto che trovare soluzioni.
La vita politica vissuta con arroganza e cinismo rispetto a chi la pensa in maniera diversa da chi è diverso da te.
La paura della libertà ci fa entrare in un mondo pieno di ombre e di mostri.
Il mio auspicio nel ricordare pubblicamente questo 25 aprile, è che sia ogni giorno Festa di Libertà, ma soprattutto festa di liberazione da quella piccola o grande parte di fascismo che alberga nell'animo di ciascuno di noi.
Siamo ancora nella Pasqua del Signore e mi piace concludere ricordando alcune parole pronunciate da un Santo uomo:
«Gesù inserisce nei rapporti umani la forza del perdono. Nella vita non tutto si risolve con la giustizia. No. Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia».Buon pranzo e buona giornata.
Sant'Onofrio - 28 aprile 2019
Presidente del Consiglio
Giuseppe Ruffa